È molto tempo che volevo scrivere una nota su questo libro. Finalmente mi sono deciso, a distanza di tanto tempo dalla sua lettura. Forse avevo bisogno di far sedimentare qualche idea. Si tratta, ovviamente, di un libro-metafora, che si riferisce a un fenomeno storico in particolare: la Rivoluzione Russa. Sebbene sia stato indicato unanimemente come un racconto paradigma contro il totalitarismo in generale, l’obiettivo della “denuncia” è chiarissimo: la dittatura comunista sovietica. Si potrebbe infatti con facilità tracciare un diagramma con due linee parallele che combaciano perfettamente: la “favola” della fattoria che si ribella al padrone umano, sotto la guida sempre più fosca e violenta dei maiali, e la storia della Rivoluzione d’Ottobre. Orwell aveva capito la forza espressiva di una narrazione in cui gli animali (e non gli uomini) sono i protagonisti, e così rappresenta Marx e Lenin, i soviet e l’esilio di Trockij, fino allo strapotere personalistico di Stalin. Anzi, senza avere presente la storia russa, alcuni passaggi potrebbero addirittura essere piuttosto oscuri (come la metafora delle Purghe Staliniane). È interessante notare come Orwell descriva perfettamente la genesi del totalitarismo e la gradualità con cui viene instaurato il regime, grazie soprattutto alla propaganda, lo strumento preferito dai dittatori, che intorpidisce le menti del “popolo” (di qualunque “popolo” si tratti, uomini o animali). . (maiale origami: modello di Mindaugas Cesnavicius)
Diciamolo pure: Orwell è stato strumentalizzato (e devo dire che si è fatto strumentalizzare con facilità) sia per questo libro, sia per 1984, che credo sia uno dei libri più citati a sproposito della storia della letteratura. Per qualsiasi cosa, oggi, si tira fuori l’aggettivo orwelliano, svuotandolo così di ogni senso.