La possibilità di far indire un referendum se un certo numero di consigli regionali lo richiedono, non va vista come un vulnus democratico, ma come un correttivo. La stessa cosa riguarda il referendum costituzionale che può essere indetto anche se non si riescono a raccogliere le 500.000 firme necessarie.
Che le istituzioni intervengano laddove i cittadini non ce la fanno, non è solo giusto ma è anche auspicabile
Infatti la mia osservazione non era indirizzata agli strumenti democratici quanto a chi li ha usati per politicizzare un referendum che, in linea teorica, sarebbe stato molto tecnico. Quelle questioni sono molto a cuore al centrodestra per una serie di motivi che ci portiamo dietro dal primo Berlusconi. Da questo punto di vista, boicottare non raggiungendo il quorum è anch’esso uno strumento democratico per manifestare dissenso.
È sicuramente uno strumento legittimo, ma è anche uno strumento molto grave. La stessa questione del quorum ai referendum andrebbe pesantemente rivista sulla base dei dati medi delle ultime elezioni politiche. Infatti, sapendo che oramai esiste una quota di astensionisti superiore al 30% della popolazione, le forze politiche contraria a un quesito referendario devono semplicemente convincere un altro 20% dei cittadini a non andare a votare. Si tratta di una strategia quasi sempre vincente e piuttosto facile, ma che lascia morte e distruzione nella democrazia
Ci si può ragionare, non sono molto persuaso dall’idea che solo una esigua parte della popolazione (20-30% in tutto) decida per gli altri. Nel senso, lo strumento del quorum al 50+1% serve a garantire almeno una maggioranza minima, è comprensibile la tua obiezione ma forse bisognerebbe ritarare in un modo più complesso che, ora, non saprei neanche immaginare.
Ora io non so se quel tipo di strategia porti morte e distruzione, tuttavia penso andrebbe ragionato di più sul perchè certi quesiti referendari non coinvolgano almeno il 50% della popolazione. Perchè nonostante siano temi sentitissimi, sia il finevita che la cannabis, non sono sicuro avrebbero raggiunto il quorum e bisognerebbe cercare di capirne i motivi.
Ma infatti non deve essere una parte della popolazione così esigua a decidere in una tornata referendaria ed è questo lo spirito del quorum. Tuttavia e in generale il numero degli elettori attivi che sta scendendo sempre di più. In questo senso tarare il quorum di un referendum in base alla media delle ultime tre tornate elettorali consentirebbe di correggere quella quota fisiologica di astenuti tenendo la fuori dal quorum.
Faccio un esempio: se nelle ultime tre elezioni politiche La partecipazione è stata dell’85%, dell’80% e del 75%, allora si fissi il quorum al 40% (= la metà dell’80%).
Oppure bisognerebbe iniziare a considerare elettori non attivi quelli che per più di tre tornate elettorali non vanno a votare. Il ché non significa che perderanno il diritto di voto, ma semplicemente che non verranno considerati per i quorum referendari.
O se proprio non si vuole considerare l’ipotesi di non toccare il meccanismo del quorum, bisognerebbe almeno formalizzare che un referendum privo di quorum dispone ufficialmente del valore di referendum consultivo, così da impegnare le camere a legiferare in proposito.
Insomma, ci sarebbero tantissimi modi per salvare l’istituto dei referendum, ma il rincorrere l’astensionismo attivo quando fa più comodo all’una o all’altra forza politica non è il sistema migliore per mantenere quello che, ricordo, costituisce l’unico Istituto di democrazia diretta presente in Italia.
Premesso che, per come la vedo io, in maniera scherzosa sono sempre pronto ad appoggiare proposte tipo “diritto di voto a punti” che va, in qualche modo, meritato sul campo 🙂
Per tornare a questioni più dirette e pratiche, io sono dell’idea che, ad oggi, la cosa più sensata sarebbe quella di, come tu suggerisci, modificare il valore di determinati referendum in termini prettamente consultivi e di impegno obbligato da parte delle camere. Penso sia troppo complesso questionare e ragionare di percentuali relative e pesate su un campione così variabile, renderebbe il tutto molto complesso e parimenti utilizzabile come strumento antidemocratico.
Sarebbe, per me, più interessante che chi propone un referendum si prenda il rischio circa su quale tavolo puntare: consultivo senza quorum o abrogativo con quorum. Questo sarebbe sicuramente più interessante anche nella partita politica.
La possibilità di far indire un referendum se un certo numero di consigli regionali lo richiedono, non va vista come un vulnus democratico, ma come un correttivo. La stessa cosa riguarda il referendum costituzionale che può essere indetto anche se non si riescono a raccogliere le 500.000 firme necessarie.
Che le istituzioni intervengano laddove i cittadini non ce la fanno, non è solo giusto ma è anche auspicabile
Infatti la mia osservazione non era indirizzata agli strumenti democratici quanto a chi li ha usati per politicizzare un referendum che, in linea teorica, sarebbe stato molto tecnico. Quelle questioni sono molto a cuore al centrodestra per una serie di motivi che ci portiamo dietro dal primo Berlusconi. Da questo punto di vista, boicottare non raggiungendo il quorum è anch’esso uno strumento democratico per manifestare dissenso.
È sicuramente uno strumento legittimo, ma è anche uno strumento molto grave. La stessa questione del quorum ai referendum andrebbe pesantemente rivista sulla base dei dati medi delle ultime elezioni politiche. Infatti, sapendo che oramai esiste una quota di astensionisti superiore al 30% della popolazione, le forze politiche contraria a un quesito referendario devono semplicemente convincere un altro 20% dei cittadini a non andare a votare. Si tratta di una strategia quasi sempre vincente e piuttosto facile, ma che lascia morte e distruzione nella democrazia
Ci si può ragionare, non sono molto persuaso dall’idea che solo una esigua parte della popolazione (20-30% in tutto) decida per gli altri. Nel senso, lo strumento del quorum al 50+1% serve a garantire almeno una maggioranza minima, è comprensibile la tua obiezione ma forse bisognerebbe ritarare in un modo più complesso che, ora, non saprei neanche immaginare. Ora io non so se quel tipo di strategia porti morte e distruzione, tuttavia penso andrebbe ragionato di più sul perchè certi quesiti referendari non coinvolgano almeno il 50% della popolazione. Perchè nonostante siano temi sentitissimi, sia il finevita che la cannabis, non sono sicuro avrebbero raggiunto il quorum e bisognerebbe cercare di capirne i motivi.
Ma infatti non deve essere una parte della popolazione così esigua a decidere in una tornata referendaria ed è questo lo spirito del quorum. Tuttavia e in generale il numero degli elettori attivi che sta scendendo sempre di più. In questo senso tarare il quorum di un referendum in base alla media delle ultime tre tornate elettorali consentirebbe di correggere quella quota fisiologica di astenuti tenendo la fuori dal quorum. Faccio un esempio: se nelle ultime tre elezioni politiche La partecipazione è stata dell’85%, dell’80% e del 75%, allora si fissi il quorum al 40% (= la metà dell’80%).
Oppure bisognerebbe iniziare a considerare elettori non attivi quelli che per più di tre tornate elettorali non vanno a votare. Il ché non significa che perderanno il diritto di voto, ma semplicemente che non verranno considerati per i quorum referendari.
O se proprio non si vuole considerare l’ipotesi di non toccare il meccanismo del quorum, bisognerebbe almeno formalizzare che un referendum privo di quorum dispone ufficialmente del valore di referendum consultivo, così da impegnare le camere a legiferare in proposito.
Insomma, ci sarebbero tantissimi modi per salvare l’istituto dei referendum, ma il rincorrere l’astensionismo attivo quando fa più comodo all’una o all’altra forza politica non è il sistema migliore per mantenere quello che, ricordo, costituisce l’unico Istituto di democrazia diretta presente in Italia.
Premesso che, per come la vedo io, in maniera scherzosa sono sempre pronto ad appoggiare proposte tipo “diritto di voto a punti” che va, in qualche modo, meritato sul campo 🙂 Per tornare a questioni più dirette e pratiche, io sono dell’idea che, ad oggi, la cosa più sensata sarebbe quella di, come tu suggerisci, modificare il valore di determinati referendum in termini prettamente consultivi e di impegno obbligato da parte delle camere. Penso sia troppo complesso questionare e ragionare di percentuali relative e pesate su un campione così variabile, renderebbe il tutto molto complesso e parimenti utilizzabile come strumento antidemocratico. Sarebbe, per me, più interessante che chi propone un referendum si prenda il rischio circa su quale tavolo puntare: consultivo senza quorum o abrogativo con quorum. Questo sarebbe sicuramente più interessante anche nella partita politica.
Mmmm… il diritto di voto a punti è un incubo distopico che preferirei rimanesse solo nei peggiori racconti di fantascienza…
Di fatti, come ho detto, era una battuta :)